OCCITANIA

L’area delle valli pinerolesi è racchiusa nell’Occitania, una zona storico-geografica che corrisponde in larga parte al Midi francese; essa si estende dalle Alpi ai Pirenei, dal Mediterraneo all’Atlantico, comprende 14 valli alpine nelle province di Torino, Cuneo e Imperia e la val d’Aran in Spagna. Questo territorio non è delimitato da confini politici, ma ha un denominatore comune: la lingua d’oc, l’occitano, un’antica parlata romanza che si sviluppa fin dal X secolo. Tramandata principalmente in modo orale, si modifica nel corso dei secoli e si differenzia in diverse varianti.

Carta dell'Occitania

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LINGUE MINORITARIE

In Val Germanasca, l’occitano, nella sua variante vivaro-aplino, insieme al francese assume il carattere di lingua minoritaria.

Conosciuto in valle come patouà, fa capo all’area linguistica del provenzale. In seguito alle persecuzioni religiose, numerose comunità valdesi, dalla vicina Francia giungono nelle nostre valli e qui si instaurano, conservando la loro cultura e la loro identità, senza mai dimenticare i loro padri d’oltralpe: sebbene la geografia di questi luoghi sia impervia e non permetta un facile spostamento intra-montano, i valdesi mantengono sempre con questi, rapporti economici e sociali in quella antica lingua che già parlavano nella loro patria perduta. La lingua che i predicatori itineranti (i barba) usano per diffondere la parola del Signore è proprio l’antica lingua occitana.
Il francese, anch’esso tradizionalmente legato alla presenza valdese, viene usato nella vita culturale e religiosa fino a pochi decenni fa. Con l’adesione, nel 1532, alla Riforma protestante e con la traduzione della Bibbia arriva l’utilizzo del francese, i pastori provenienti dalla Svizzera predicano in francese, il cui uso si consolida con la venuta di altri pastori francofoni a seguito della peste del 1630 e con le vicende legate all’esilio e al Glorioso Rimpatrio.

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Il francese rimarrà in auge come lingua religiosa fino ai primi decenni del Novecento: in quest’arco di tempo il culto e i canti si svolgono unicamente in questa lingua. Sarà poi l’opera di “italianizzazione” durante il periodo fascista a cancellare questa usanza. Un fattore fondamentale che facilita la propagazione del francese è senza dubbio la migrazione stagionale dei valligiani che, in cerca di lavoro, si spostano oltralpe per brevi periodi. Da quell’esperienza si riporta in patria non solo la conoscenza e il consolidamento di una lingua ma anche i canti che vengono riproposti poi nell’ambito lavorativo per mitigare la fatica derivante dal duro lavoro, non solo quello dei campi, ma anche quello minerario.

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